di Davide Amerio.
I “vertici” del M5S esultano: dopo essersi prostrati al novello Salvatore della Patria Draghi (grillino DOC sic!), l’appello all’ex premier Conte ottiene un responso positivo. Sarà lui a “rifondare” (ari sic!) il Movimento Cinque Stelle.
L’immagine più coerente è proprio quella di Beppe Grillo che esce dall’Hotel, dove è avvenuta la riunione delle teste pensanti (?!) del M5S per sedurre Conte e convincerlo a farsi carico di rimettere insieme i cocci di quel che resta del Movimento. Quel casco da astronauta risulta appropriato in testa a un non-leader garante (de che?) che vive in una dimensione altra, rispetto a noi comuni mortali che abbiamo regalato un’ampia fiducia, a suo tempo, a quella che si è rivelata un’accozzaglia di capi e capetti senza arte né parte.
Non possono sfuggire alcune considerazioni in merito a questa scelta.
Primo. La scelta dell’ex Primo ministro evidenzia un fatto piuttosto inquietante: in oltre dieci anni di attività, come opposizione e come governo, dopo aver conseguito un consenso tale da diventare il partito di maggioranza relativa in Parlamento, il M5S non è riuscito ad esprimere una personalità interna capace, adulta, matura; insomma un leader vero, e una leadership degna di questa definizione.
Secondo. In conseguenza del punto precedente, non si intravede l’ombra di un pensiero politico coerente, di una strategia necessaria, di una consapevolezza dei propri errori, di un’analisi franca e sincera sul percorso intrapreso, quello che ha trasformato un movimento di forte opposizione al “sistema” nell’ennesima stampella del sistema stesso.
Intendiamoci: sarebbe ingiusto e disonesto affermare che il Movimento non abbia prodotto azioni, leggi e iniziative, ad opera di singoli parlamentari, degni di nota e apprezzamento. Ma in assenza di una leadership tutto questo impegno positivo è destinato ad essere vanificato e a scomparire.
Perché diversamente da quanto propagandato da Grillo, e dai suoi prescelti (ai veritici e ai seguaci facilitatori locali), nessuno dei “nemici” individuati, dall’inizio della lotta Cinque Stelle, è scappato con l’elicottero. Nessuna “strategia” ha condotto il Movimento a raggiungere il fantomatico 51% dei consensi, con il quale si sarebbe cambiato il paese.
Una leadership consapevole, e studiosa, dei reali processi della politica, avrebbe dovuto diventare cosciente della sostanziale diversità tra i “principi” e le regole applicabili per realizzarli. Della differenza tra uno slogan e la costruzione politica di un progetto concreto. Della impossibilità di far valere il tuo peso politico se ti assegni regole del gioco (i due mandati per capirci) che non appartengono al sistema, ma sono una tua imposizione autocastrante, che non ti consentirà di far valere i tuoi numeri.
Capita così di sentire ancora echi di una nostalgia per un passato glorioso, per un ritorno ai “valori” fondanti del Movimento. L’unica cosa di cui sono stati capaci, i diveramente leader dei Cinque Stelle, in questi anni, la loro attività più produttiva, sono state le espulsioni dei dissidenti, e la messa ai margini delle voci critiche, rispetto allo sviluppo politico intrapreso.
Non sarà sufficiente un Conte utilizzato come collante per ricucire strappi e malumori. Senza un’analisi delle responsabilità, delle incapacità, delle illusioni, in cui ha sguazzato il “Dimaioleggio” in questi anni, egli sarà solamente l’ennesima foglia di fico per evitare, alla meno peggio, l’emorragia di consensi.
L’ex Primo ministro è persona che certo possiede qualità umane e competenze, bisogna ammetterlo con onestà intellettuale, anche nel caso in cui non si concordi con le sue scelte politiche. Ma l’uomo primeggia in statura in mezzo a una popolazione politica di nani da giardino e di comparse miserevoli.
Se Conte riuscirà a costruire un soggetto politico più maturo e con un progetto politico che sia qualcosa di più, e di diverso, dalle ultime dichiarazioni di Giggino Di Maio, che confonde la “maturità” con il fare da zerbino al sistema neoliberista-europeista, non potremo che rallegrarci. Un Movimento trasformato nell’ennesimo partitino “moderato”, sul modello democristiano alla Mattarella, Formigoni, Casini (tanto disprezzati un tempo), servirà solo per illudere, per un po’, una fetta di elettori fideistici. Quelli, per intenderci, che hanno gioiosamente votato a favore di un referendum scellerato per modificare la Costituzione illudendosi di “licenziare” certi politici.
Per il resto, il danno sociologico-politico creato dal Dimaioleggio, con la delusione generata in buona parte di quell’elettorato che aveva riposto nel Movimento grandi speranze, costituirà un’ulteriore difficoltà politica, avendo nuovamente ricondotto milioni di elettori dentro le praterie della sfiducia e della rassegnazione, da cui erano state, per un certo periodo, affrancate.
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Associazione Articolo Tre
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