Recovery Fund i soldi del prestito destinati a scopo militare

Il ministero dello sviluppo economico ha chiesto 13,5 miliardi in commesse militari nell’ambito Recovery Fund. Non dovremmo avere altre priorità?

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di Francesco Cappello

lo stato delle cose nel nostro paese
Quasi 5 milioni in povertà estrema, circa 9 milioni in povertà relativa, 14 milioni gli inattivi che hanno rinunciato a cercare lavoro né si dedicano alla formazione, 2 milioni di disoccupati; il 12% di chi lavora è sulla soglia della povertà a causa di salari troppo bassi, 4,3 milioni di lavoratori part-time di cui 2 su 3 non per scelta ma perché costretti. Nel frattempo la produzione industriale si è quasi dimezzata. Il settore turistico e il suo indotto ridotti allo stremo. Le imprese a rischio default con il coronavirus sono il 65% delle Pmi italiane; Più di 8 milioni i lavoratori in cassa integrazione mentre, come si sa, il termine del divieto di licenziamento imposto dal governo avrà termine, a meno di proroghe, a fine anno. Nel frattempo cominciano i primi provvedimenti nel segno della ripresa delle riforme strutturali nel solco della nostra ormai triste tradizione: quota 100 è in corso di smantellamento (la legge Fornero non è mai stata abrogata) e cominciano i primi attacchi al cosiddetto reddito di cittadinanza. In prospettiva è prevedibile una recrudescenza delle politiche di avanzo primario ormai quasi trentennale.
Piuttosto che alle soluzioni concrete e percorribili nell’immediato in grado di valorizzare le nostre immense risorse endogene (vedi piano di salvezza nazionale) il governo pensa ad indebitarci ulteriormente e a cronicizzare il vincolo esterno che ha almeno due componenti fondamentali: l’appartenenza alla Ue insieme a quella che ci lega alla Nato a comando Usa e ai suoi programmi. Piuttosto che investimenti verso una spesa pubblica quale risposta ai bisogni interni appare viceversa naturale, nell’attuale sistema delle cose, approffittare di questa occasione per alimentare ulteriormente il settore delle spese militari.

ecomostri da combattimento aereo

scheda 1 – pag. 37
scheda 2 – pag. 38

Il piano “Next Generation Eu” presentato dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Bruxelles, come si sa, prevede un fondo da 750 miliardi di euro per rilanciare l’economia in risposta alla crisi innescata dal Covid-19. Si tratta in gran parte di fondi (Recovery Fund RF) che saranno raccolti sui mercati internazionali e per il resto frutto di un rifinanziamento del bilancio europeo a carico dei paesi Ue che per onorarlo si vedranno costretti ad incrementare le tasse che impongono ai loro cittadini.
Sempre che il minacciato veto di alcuni paesi come Olanda, Cecoslovacchia, Ungheria non impongano il blocco del RF, al nostro paese spetteranno 127 miliardi di prestiti che dovremo onorare con le scadenze previste e 82 miliardi provenienti dal rifinanziamento da parte dei singoli stati, tra cui il nostro, del bilancio europeo (ci ridanno soldi in larghissima parte nostri…). Per usufruire di questo apparente ben di dio, tale solo per gli allocchi, l’Italia è chiamata in ogni caso a presentare alla Ue una proposta di spesa, accompagnata dalla promessa di riforme (piani di aggiustamento strutturale lacrime e sangue) pretese da Bruxelles secondo i criteri dell’accordo raggiunto lo scorso luglio nel Consiglio europeo. Questa scelta di chiedere ed accettare prestiti con condizionalità verso creditori peraltro privilegiati appare oggi tanto più paradossale se solo si riflette sul fatto che i titoli di stato a 5 anni che l’Italia riesce a piazzare sul mercato sono addirittura a tasso negativo! Tra marzo e luglio di quest’anno sono stati emessi autonomamente dal nostro paese nuovi titoli per un valore di 110 miliardi, tutti assorbiti da BdI e Bce! Quest’ultima riversa allo stato gli interessi che matura in questa operazione. L’offerta dei nostri titoli è sempre inferiore alla domanda; come si sa non comportano condizionalità come quelle a cui ci si sottopone con i prestiti del RF.
Dei 209 miliardi (127+82) del Recovery Fund (fondi per la ripresa), spettanti all’Italia, secondo la progettualità del ministero per lo sviluppo economico MISE, inscritta nel Recovery and Resilience Facility, 13,5 miliardi saranno spesi per la “difesa e la sicurezza”. Essi saranno ripartiti nel cosiddetto space economy (un mascherato processo di ulteriore militarizzazione dello spazio) che concerne la messa in opera di infrastrutture logistiche spaziali che vanno dai satelliti alle stazioni spaziali (1 miliardo da spendere in partnership pubblico/private – vedi scheda 2) comprendenti l’esplorazione dello spazio che, con il programma Artemis (il sottosegretario Riccardo Fraccaro con delega alle politiche per lo Spazio ha siglato un accordo con l’amministratore della Nasa, Jim Bridenstine che coinvolge la Leonardo/finmeccanica), porterà la prima donna sulla Luna… e nel potenziamento della filiera industriale nazionale di aerospazio, difesa e sicurezza (vedi scheda 1) dall’elicottero del futuro, ai caccia di sesta generazione sino alla nave futura europea ma, attenzione, tutte tecnologie evolute, rigorosamente green in modo che tali piani di sviluppo militare, che saranno sottoposti al vaglio dei vertici al Comitato interministeriale per gli affari europei (Ciae) non abbiano difficoltà ad essere promossi, approvati e finalmente finanziati con moneta a prestito senza che questo crei allarme a proposito dell’incremento del debito pubblico che ne deriverà. A nessuno, inoltre, sembra suonare strano parlare di sostenibilità ambientale parlando di questi sempre più sofisticati sistemi di combattimento aereo. Caccia militari che bruciano intorno ai 16 mila litri di combustibile per ora di volo, immettendo nell’aria relative enormi quantità di prodotti di combustione tra cui insieme alla famigerata CO2, l’ossido di carbonio (CO), gli ossidi di azoto e di zolfo, il particolato fine (PM) ossia le pericolose polveri sottili, senza mettere in conto le devastazioni degli ambienti urbani e gli ecosistemi naturali che queste sofisticatissime macchine di devastazione sono in grado di provocare. Risultano assai realistiche le immagini dei videogiochi con cui stiamo crescendo intere generazioni di giovani. Eccone un esempio assai educativo

o forse è meglio dare un’occhiata alle immagini di città devastate dalla guerra reale

Siria

I destinatari di questi investimenti, con ogni probabilità, saranno in larga misura Thalès-Alenia Space e Leonardo. Le risorse del Recovery Fund che indebiteranno ulteriormente il paese serviranno a incrementare la spesa per alcuni programmi di tecnologia della difesa secondo la
progettualità del MISE inscritta nel RECOVERY & RESILIENCE FACILITY (vedi scheda 2):

Obiettivo del progetto è consentire al comparto un salto tecnologico nella ricerca, nell’innovazione e nella costruzione di piattaforme duali ad elevatissime prestazioni, con ridotto impatto ambientale, totale sicurezza cyber ed innovazione digitale: elicotteri di nuova generazione (in risposta al programma statunitense FVL, aerei di sesta generazione, tecnologia sottomarina avanzata, tecnologia unmanned intersettoriale, I.A., navi).
Nei primi 2 anni la fase di ricerca industriale, partendo da piattaforme esistenti al fine di rendere immediatamente industrializzabili le soluzioni, ha un costo stimabile in 5 miliardi, suddivisi tra diversi grandi progetti: elicottero del futuro (FVL), aereo del futuro (ipersonico, tempest), nave futura europea (green vessel), cyber ed elettronica avanzata, tecnologie unmanned, tecnologie spaziali e satellitari), con una attenzione da riversare alla supply chain di PMI. I restanti 7,5 mld si riferiscono alle attività di sviluppo sperimentale, prototipazione ed eventuale certificazione.

in questo modo si proteggerà il settore evitando che possa soffrire una qualche crisi dovuta alla attuale contingenza negativa

Complessivamente l’importo corrisponde al fatturato di un anno dell’industria di settore nazionale ovvero al recupero di una perdita media annua stimata pari a un sesto del fatturato, da recuperare nei sei anni di azione del piano.

L’Italia spera così di partecipare al programma elicotteristico statunitense Future Vertical Lift di Sikorsky, il Raider X, ad esempio, con cui l’esercito degli Stati Uniti intende sostituire la propria flotta di elicotteri che potranno volare molto più velocemente di qualsiasi altro (sino a 445 km/h), dotati di una manovrabilità senza precedenti per questo genere di veicoli ché saranno ora in grado di fermarsi in tempi e spazi brevissimi, decollare con il muso rivolto verso il cielo o muoversi con il muso rivolto verso il basso, promettendo quella protezione e letalità ritenute necessarie a portare alla vittoria militare nei conflitti futuri, in cui saranno protagonisti cyberspazio e uso dell’intelligenza artificiale per pilotaggio assistito ed automatico. Sui mercati nel frattempo tali aspettative, tutte positive agli occhi degli investitori, hanno fatto “vincere” il titolo Leonardo rafforzandolo notevolmente.

Tra gli aerei di sesta generazione, candidati a sostituire l’Eurofighter dal 2035, il Tempest, il nuovo caccia che le industrie di Italia, Gran Bretagna e Svezia (*) vogliono sviluppare. Sarebbe il primo caccia italiano stealth (invisibile) in grado di operare anche senza equipaggio a bordo e/o co-gestito da operatori di terra, capace di lanciare missili ipersonici verso bersagli mobili così come di guidare e coordinare sciami di micro-droni sugli obiettivi assegnati essendo in grado di elaborare tutti i dati di un combat cloud (big data) provenienti da diversi canali di informazione, terrestri, navali, satellitari con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e trasmetterli in tempo reale al pilota attraverso un’interfaccia di realtà aumentata predisposta alla visualizzazione grafica direttamente nel visore del casco del pilota.
Di esso esiste già un prototipo che nasce da una collaborazione fra British Aerospace-Bae Systems, Leonardo-Finmeccanica e la svedese Saab in competizione con il sistema Future Combat Air System FCAS, che stanno sviluppando, in modo evidentemente antagonista, Francia, Germania e Spagna.

Navi civili e militari
La Commissione europea riconosce inoltre l’importanza strategica del settore cantieristico e pare intenzionata a incoraggiare la produzione e l’utilizzo di navi moderne promettendo gli investimenti necessari alla transizione «green» delle navi europee (green vessel) e l’implementazione della tecnologia sottomarina avanzata ma nel quadro degli obiettivi di sicura sostenibilità ambientale fissati per il prossimo decennio.

Nel frattempo nessuno sembra pensare alla difesa dal processo di colonizzazione subito dal nostro paese da parte di società e paesi stranieri. Lasciamo, infatti, che siano svenduti i fattori stessi della produzione, pilastri della infrastruttura economica italiana, contro il dettato costituzionale inscritto negli articoli 52 che incita alla difesa della Patria quale sacro dovere del cittadino e nell’art. 43 che invita ad assicurare all’interesse nazionale quelle imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale a carattere strategico come recentemente denunciato dall’ex vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena nonché magistrato della Corte dei conti. Il porto di Trieste, dopo essere stato privatizzato con una legge del 94 proposta da C.Azeglio Ciampi, viene ora acquisito da una società tedesca la Hamburger Hafen und Logistik AG – HHLA che ne detiene quindi la quota di maggioranza e il porto di Taranto risulta in rapido corso di “affidamento” ai cinesi. Stesso destino sembrano rischiare altre aree portuali italiane. A quando le prime cessioni degli scali aeroportuali? Vi ricorda nulla di già subìto da certi nostri vicini di casa?

(*) Le aziende impegnate nello sviluppo delle tecnologie di combattimento aereo comprendono le principali società di difesa del Regno Unito: Bae Systems, Leonardo Uk, Rolls-Royce e Mbda Uk e le italiane Leonardo, Elettronica, Avio Aero e Mbda Italia e per la Svezia, Saab e Gkn Aerospace Sweden.

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Associazione Articolo Tre

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