di Davide Amerio.
Sovranista! È diventato un termine più o meno dispregiativo: grosso modo come ai tempi del nascente M5S essere ‘grillino’, o comunque sostenitore, significava essere ignoranti, secondo una certa narrazione. Da cui la negativa accezione di “grullini”.
Inutile negare come gli avvenimenti successivi, dal successo elettorale, alle alleanze, alla costituzione del Dimaioleggio, abbiano certificato la mortificazione delle troppe speranze riposte in un movimento oramai integratosi dentro il sistema.
Il progetto “rivoluzionario” per modificare il paese, è stato sostituito da una Realpolitick di sopravvivenza, non ostante esistano ancora alcuni tentativi, da parte di singoli deputati (per lo più isolati) di tenere fede all’originale patto con gli elettori.
Così come il mondo grillino, quello sovranista si presenta variegato di diverse esperienze politiche originali, e di diverse culture. La narrazione ‘da sinistra’, gli attribuisce una unica identità di ‘destra’, associandola a un profondo desiderio di ‘nazionalismo’. Ciò corrisponde al vero, ma solo parzialmente. La realtà è ben più complessa delle facili propagande; sopratutto conferma l’incapacità della così detta ‘sinistra’ di saper leggere la realtà fuori dai giochi di palazzo.
Esistono desideri di recupero della sovranità anche nelle aree di centro e di sinistra. Il pericolo è piuttosto il desiderio di unificare in un unico corpus tutte queste identità, semplificando il processo politico, o limitandolo a un essenzialismo che costruirebbe una testa d’ariete priva di un tronco di sostegno per “sfondare” i muri costruiti tra il popolo italiano e la sua autodeterminazione.
In altri termini: vogliamo, ri-vogliamo, la nostra sovranità (economica, monetaria) per fare che cosa? Quale modello di società desideriamo costruire? Quali sono le ‘fonti’ filosofico-politiche che ispirano questo modello?
Provocatoriamente: vogliamo continuare a essere il paese delle nipoti di Mubarak? Quello in cui le mafie dispongono e i politici obbediscono? Quello dei disastri ambientali e strutturali annunciati, dove la gente muore, i cittadini pagano i danni, e i politici, che hanno preso soldi dai ‘padroni’ e per finanziare le proprie campagne elettorali, e i voti delle mafie, fanno la passerella auto celebrativa “dell’Italia che rinasce”? Quello delle “Grandi Opere” inutili, costose, e dannose, necessarie per appagare gli appetiti di criminalità, politici, prenditori?
Immaginiamo un paese con il cappello in mano nei confronti del resto del mondo, oppure quello che ha una orgogliosa identità turistica, industriale, culturale, gastronomica, agricola, mediterranea? Una storia di talenti e persone operose, non di rado geniali, che il mondo ci invidiava, e che ora ci “ruba” perché siamo diventati incapaci di valorizzarle?
Gli avvenimenti storici degli ultimi 30/40 anni ci suggeriscono alcune questioni irrisolte:
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è indiscutibile l’affermazione di un modello sociale globalista, neoliberista, iper finanziario, ultra competitivo. Fondato su concezioni economiche che rafforzano la disuguaglianza sociale, mortificano l’esistenza e la dignità delle persone, nell’illusione che il consumismo sia l’unica ragione di vita. All’interno del modello tu esisti solamente sintantoché sei utile a tenere in vita il sistema stesso
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speravamo che Tangentopoli creasse uno spartiacque e ridesse valore alla moralità in ambito politico. E’ accaduto esattamente il contrario. Non pare esserci più uno spazio in cui la corruzione non sia presente come un fenomeno “normale”. Essa mortifica il lavoro delle persone che sognano una normalità opposta, e invece ne pagano gli alti costi economici e sociali.
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l’incapacità progettuale e di visione ha, nel tempo, aggravato problemi contingenti e globali come le migrazioni, lo sfruttamento, il lavoro nero, l’evasione fiscale. Risultato di uno Stato che perseguita i più deboli, gli ultimi, i lavoratori, le piccole imprese (colonna vertebrale del sistema economico), commercianti e professionisti, essendosi piegato alle logiche neoliberiste delle burocrazie europee
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la caduta del muro di Berlino ha generato, la narrazione “panglossiana” dell’assenza di qualsiasi alternativa a questo sistema. Fine della Storia. Qui le “sinistre” si sono avvitate progressivamente in un colpevole ritiro di immaginazione politica, che le ha condotte oggi ad essere indistinguibili dalle destre, in un crescendo di smantellamento dei diritti sociali acquisiti
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pochi timidi passi sono stati compiuti in ordine ai nuovi diritti di cittadinanza, di famiglia, di gestione della propria vita (o fine vita), di pari opportunità lavorativa (uomini vs donne), e di protezione dalle esclusioni (per esempio per età). Troppo labili i distinguo con quel mondo ortodosso, integralista, che ambisce ad un salto in avanti nel “passato”, ingabbiando la realtà, e le persone, nella triade Dio, Patria, e Famiglia, che tanti guai hanno causato nella storia
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I cambiamenti climatici pongono l’allarme su uno “sviluppo” che deteriora le risorse del pianeta. Una visione “globale” è quanto mai urgente e necessaria, quanto quella di promuovere le iniziative utili ad invertire la rotta (e, forse, anche scoprire le soluzioni possibili che vengono tenute nascoste)
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I mutamenti dei rapporti di forza (economici, politici) a livello internazionale ci vedono ancora come soggetti passivi, senza aver capacità di costruire un ruolo geopolitico importante, oltre le urgenze che egoisticamente ci interessano
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L’informazione (ufficiale, quella degli editori “seri”) è diventata quasi esclusivo monopolio dei “padroni”; sfacciatamente servile, e per nulla indipendente: né dai “poteri forti”, né da quelli politici.
Ecco allora il sogno, non così irrealizzabile, se consideriamo il desiderio di cambiamento nato con il successo elettorale del M5S, prima della sua metamorfosi.
La fonte di ispirazione non può che essere un ritorno alla Costituzione Italiana, invisa dai mercanti globalisti, e ai servi politici di casa nostra, che in questi anni han tentato di stravolgerne la logica e la vocazione.
Essa rappresenta il felice parto di un’epoca di sofferenze, di un travaglio volto a configurare un progetto utopico di un modello sociale a misura di esseri umani; tenendo in conto le loro fragilità, ma sopratutto esaltandone le virtù. Quella miscela dei migliori sentimenti liberali, socialisti, cattolici, rappresenta, con i suoi limiti, il navigatore che indirizza lo Stato, la Politica, le Istituzioni, il Mercato, l’Economia, la Finanza, al servizio del cittadino e non vice versa.
Il ritorno alla sovranità è un diritto inalienabile, in un contesto falsamente europeista, costruito nel peggior modo possibile, ponendo il “Dio” Mercato (e la Finanza) al di sopra dei cittadini, e questi come sudditi di quelli. Il progetto della Felicità degli individui, della loro personale realizzazione, che contribuisce al miglioramento della società tutta, è estraneo a questo consesso europeo fondato su principi economici rivelatisi errati, dannosi, ingiusti, e prevaricatori, a beneficio di pochi.
Dentro questa Sovranità non ci devono essere però i “muri”. Essere cittadini di uno Stato, non è incompatibile con l’essere cittadini del Mondo. Gli Stati nazione sono figli della storia, ma sono comunità “immaginate”, comunque costruite, non sono prodotti “naturali”, bensì culturali e, in quanto tali, politici. Amare il proprio paese non può essere compatibile con il disprezzo verso gli altri; perché se la cultura (lingua, credo religioso, usi e costumi) unisce un popolo entro un determinato territorio, non di meno l’Umanità (questa sì, fenomeno naturale) accomuna tutti gli essere viventi, in quella speciale ‘razza umana’ che è unica, e non scomponibile.
Non si tratta più di definire i confini tra Destra e Sinistra facendo una scelta di campo. Per lo più quei confini sono stati cancellati da forze politiche trasformatesi in “comitati d’affari” auto referenziati, che più nulla hanno da spartire con le ideologie originarie, e sono immagini speculari le une delle altre. Permane un solo confine: quello tra la Libertà degli individui e la Tirannia, quello antifascista per intenderci, contro qualsivoglia forma di autoritarismo in qualsiasi forma esso si manifesti e operi.
Il tema che separa le “acque” tra gli uni e gli altri è quello allora tra Conservatori (dell’esistente) e Non-Conservatori. Uso questo termine evitando quelli di “Progressisti” e “Riformatori”, purtroppo violentemente abusati dalle forze politiche sino a svuotarne di significato.
Un partito “utopico” insomma, il partito che non c’è ancora, ma potrebbe esserci dietro l’angolo, se abbiamo sufficiente fortuna: rigorosamente laico, liberale, socialista, comunitario, cooperativo, dove le fedi religiose non siano necessariamente “di Stato”, o tollerate, ma strumenti spirituali personali per perseguire il desiderio di ben-essere come cittadini del pianeta.
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Associazione Articolo Tre
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